LA
PROPAGAZIONE DEL SUONO NELL'ACQUA
E LA POTENZA DI UN ECOSCANDAGLIO
È
noto che il suono si propaga ottimamente
nei fluidi, come nel caso dell'acqua,
sotto forma di onda sonora. La
stessa e identica propagazione
la ottiene il nostro strumento
che, tramite il trasduttore, produce
l'onda sonora, generata da
un impulso o emissione sonica
con un processo di oscillazione,
del quale un aspetto rilevante
è la frequenza, che è data dal
numero di onde prodotte in un
secondo. Questo numero viene classificato
in cicli o hertz; mille oscillazioni
al secondo corrispondono ad un
chilohertz.
Gli
ecoscandagli a bassa frequenza
lavorano mediamente sui 50 chilohertz,
mentre quelli ad alta frequenza
sui 200 chilohertz, ma si possono
avere frequenze intermedie o
decisamente diverse, come nel
caso del recentissimo Humminbird
3 D che ha una frequenza di
ben 455 chilohertz. Altri strumenti,
invece, hanno la possibilità
di visualizzare sia la scala
dei 50 che dei 200 chilohertz.
Con il 50 Khz la visibilità
migliore è per i fondali, mentre
per capire la quantità e la
massa dei pesce è consigliabile
usare il 200 Khz. L'intensità
del suono, o meglio la variabile
dell'ultrasuono prodotto,
è strettamente dipendente
dalla potenza dello strumento
emittente. Questa viene misurata
in watt e può essere dichiarata
come potenza di picco oppure
come potenza al trasduttore.
Il rapporto fra potenza di
picco e potenza al trasduttore
è di otto a uno, cioè un apparecchio
con 1.600 watt di picco dispone
di 200 watt di potenza al
trasduttore.
Per
i neofiti uno strumento
di media potenza dovrà avere
una potenza di circa 500/600
watt. Un ecoscandaglio con
una potenza di 1000 watt
è già un buon attrezzo che
potrà dare sicuri risultati.
LA
FREQUENZA DI LAVORO
Supponiamo
di trovarci sempre
al fatidico momento
dell'acquisto:
lo strumento va bene,
tuttavia sussiste
l'indecisione
sul trasduttore. Quale
frequenza scegliamo:
bassa, da 50 kHz,
o alta, da 200 kHz?
Innanzitutto
occorre fare una
distinzione sull'uso
dello strumento,
nel senso che in
funzione di una
determinata pratica
di pesca, è necessaria
una certa lettura
più o meno delimitata
della porzione del
fondo interessato.
Farò
un esempio banale
ma significativo.
Dunque, se nella
pesca a bolentino
vogliamo ricercare
uno scoglio piccolo,
una fossata stretta
oppure un rilievo
a picco, particolarmente
stretto, opteremo
per una sonda
o trasduttore
ad alta frequenza
da 200 kHz a "cono
stretto",
con trasduttore
ad alta frequenza
da 8° a 20°. Se
invece la porzione
di fondo da leggere,
per le nostre
esigenze di traina,
si deve estendere
per logiche questioni
operative, opteremo
per un trasduttore
a bassa frequenza
da 50 kHz con
un cono ad angolazione
di 45°. Cerchiamo
di capire questo
discorso dal punto
di vista tecnico,
entrando nei dettagli.
Come già accennato,
il suono si propaga
nell'acqua
sotto forma di
onda sonora alla
velocità di circa
1.500 metri al
secondo e la sua
frequenza e la
velocità di propagazione
ne determinano
la lunghezza d'onda.
Un ultrasuono
che ha una frequenza
di 50 kHz ha in
acqua un'onda
di tre centimetri,
mentre un ultrasuono
che ha un'oscillazione
di 200 kHz, nello
stesso mezzo,
ha una lunghezza
d'onda di
soli 7,5 millimetri.
Questi valori
sensibilizzano
la risoluzione,
che è in sostanza
l'elemento
primario con capacità
di separare i
bersagli l'uno
vicino all'altro.
Questo
avviene logicamente
in verticale,
in quanto la
quasi totalità
degli apparecchi
presenti sul
mercato fornisce
un'immagine
a due dimensioni
di una realtà
che invece ne
ha tre. Pertanto,
in virtù di
quanto è stato
esposto, per
ottenere una
migliore risoluzione
dei bersagli
converrebbe
optare per
un'alta
frequenza
di lavoro,
ossia per
200 kHz. Tuttavia,
anche per
l'alta
frequenza
esiste un
rovescio della
medaglia:
un minore
potere penetrativo
del fascio
di ultrasuoni,
tempi di emissione
decisamente
più lunghi
rispetto alle
basse frequenze
e di conseguenza,
in certi casi,
una discreta
perdita del
potere risolutivo.
Comunque,
a prescindere
da certe
finezze
tecniche,
senza dilungarci
oltre e
per non
confonderci
le idee,
entrambe
le frequenze
vanno egregiamente
bene per
i nostri
scopi alieutici.
LA
SCELTA
DEGLI
ECOSCANDAGLI
Ritornando
al
momento
dell'acquisto
del
nostro
strumento,
si
pone
un
altro
problema;
con
quale
schermo
lo
sceglieremo:
a
colori,
a
cristalli
liquidi
oppure
scrivente
a
carta?
Analizzeremo
i
pro
e
i
contro
di
ogni
singolo
strumento
facendone
le
dovute
considerazioni.
Iniziamo
dagli
ecoscandagli
a
colori.
Uno
schermo
a
colori,
con
le
sue
varie
gradazioni
di
colore
e
di
tonalità,
si
presenta
come
un
apparato
ricco
di
funzioni
e
molto
valido
per
certi
aspetti:
eccellente
definizione
delle
discriminazioni
del
fondo;
ottimo
riconoscimento
dei
pesci,
grazie
alle
varie
tonalità
cromatiche
presenti
specialmente
nei
modelli
professionali;
lettura
brillante
nelle
operazioni
notturne;
versatilità
d'uso;
possibilità
di
integrazione
con
altre
funzioni
e
con
altri
sistemi
tipo
Loran,
GPS
e
Videoplotter.
Di
contro,
gli
schermi
a
colori
denotano:
una
scarsa
visione
delle
immagini
(specialmente
se
vi
convergono
i
raggi
del
sole)
durante
l'utilizzo
in
ore
diurne
ed
in
questo
caso
gli
oscuratori
servono
a
ben
poco;
mancanza
di
elaborati
e
tracciati
registrati
su
carta,
su
cui
talvolta
si
rende
necessaria
la
conservazione
di
particolari
zone
di
pesca
o
di
dettagli
molto
importanti
(soprattutto
per
le
imbarcazioni
che
praticano
la
pesca
professionistica).
Quelli
a
cristalli
liquidi
conosciuti
come
LCD,
sono
molto
versatili,
come
dimostra
l'incredibile
numero
di
funzioni
di
cui
dispongono,
inoltre
sembrano
suscettibili
di
ulteriori
interessantissimi
sviluppi.
Negli
ecoscandagli
a
cristalli,
la
definizione
dei
pesci
e
del
fondo
risulta
abbastanza
buona
grazie
al
buon
numero
di
pixell
introdotti
nello
schermo
stesso:
circa
duecento
in
verticale.
Questi
"quadratini"
rispondono
egregiamente
a
livello
grafico
per
le
esigenze
dei
pescatori
sportivi.
Inoltre,
certi
apparati
si
rivelano
molto
pratici
in
quanto
non
hanno
l'inconveniente
del
cambio
della
carta
e
mantengono
i
costi
molto
contenuti.
Di
contro,
gli
schermi
LCD
dispongono
di
una
definizione
decisamente
inferiore
rispetto
a
quelli
di
tipo
scrivente
a
carta
e
a
quelli
a
colori;
comunque
le
recenti
tecnologie,
applicate
a
questi
strumenti,
ne
hanno
fatto
ridurre
notevolmente
le
differenze
qualitative.
Gli
ultimi,
quelli
di
tipo
scrivente,
si
uniscono
a
quelli
a
colori
per
la
loro
grande
versatilità
in
impieghi
professionali,
e
per
certi
aspetti
si
rivelano
anche
migliori,
specialmente
nell'evidenziare
i
particolari,
spesso
arricchiti
da
elevate
definizioni,
tutti
registrati
accuratamente
su
carta.
Di
contro,
per
gli
scriventi
è
necessaria
la
periodica
e
noiosa
sostituzione
del
rotolo
di
carta
durante
l'uso,
che,
guarda
caso,
spesso
si
rende
necessaria
sul
più
bello
dell'azione
di
pesca.
E
poi,
in
aggiunta
a
questo,
si
denota
anche
una
certa
usura
di
alcuni
organi
meccanici
interessati
al
trascinamento.
Comunque,
a
prescindere
da
queste
problematiche
che
sono
peraltro
relative,
personalmente
preferisco
proprio
quest'ultima
soluzione,
visto
che
per
anni
ho
"lavorato"
senza
problemi
con
apparecchi
di
questo
tipo.
CONTINUA