LA
RICCIOLA: ESCHE, ATTREZZATURE, INNESCHI E SEGRETI (1ª parte)
La ricciola -
Le esche -
L'innesco ed i finali
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La
Ricciola
La
traina di profondità è una tecnica di pesca che necessita di molteplici
attenzioni e di nozioni tecniche. Il pesce che andremo ad insidiare
è la ricciola, la regina dei predatori per potenza, velocità, e rapidità
di azione.
Per
trattare meglio l'argomento divideremo il servizio in piccole
sezioni. Innanzittto una premessa: per avere buone possibilità di
cattura di esemplari oltre i 10 kg. è necessario usare esche vive.
Le
esche per la traina alla ricciola sono molteplici. Bisogna
innanzitutto capire cosa gradisce la ricciola. Le esche che
piacciono principalmente al gusto della "regina"
sono sicuramente l'aguglia in primis, la seppia, il calamaro,
e poi di seguito tutti gli altri pesci. Quando dico tutti
gli altri pesci intendo la varietà di quelli presenti nella
zona, dalla boga, al sugarello, alla triglia, all'occhiata.
Bisogna
innanzitutto capire nella zona in cui intendiamo pescare
quale tipo di pesce è presente. Sicuramente nel periodo
estivo l'esca che è più facilmente reperibile è l'aguglia
e il totano, oltre che il sugarello e la boga, nonchè il
cefalo e l'occhiata.
Per
insidiare l'aguglia consiglio di usare finali sottili
(0,10), con una girella piccolissima. La filosa o meciuda
(filo di seta) consente di catturare il pesce senza danneggiarlo.
Il colore da usare varia a seconda delle zone e degli
"umori" del pesce. In valore assoluto posso
consigliare il giallo e l'arancio, sebbene molte volte
abbia lavorato bene anche la filosa bianca.
Bisogna
filare le esche ad una ventina di metri dalla poppa,
e stabilizzarsi su una andatura minima, intorno ai 2
nodi. Ho verificato che fermandosi e ripartendo, cioè
facendo delle pause affinchè il nostro innesco possa
scendere, si hanno le maggiori chance di cattura. Ferrata
l'aguglia bisogna portarla a bordo molto velocemente
e senza farla stancare molto. Questo pesce se maltrattato
perde la sua vitalità. Una volta a bordo è necessaria
una vasca del vivo che possa contenere almeno 60 litri
d'acqua. Ricordandosi che è necessario il ricambio
dell'acqua, bisogna tener presente che l'aguglia
muore molto velocemente soprattutto perchè la temperatura
dell'acqua aumenta troppo velocemente e perchè l'aguglia
ha bisogno di nuotare.
La
cattura del totano è relativamente facile (tratterò
l'argomento in seguito) ma la cosa veramente ardua
è mantenerlo in vita. Ho provato numerose volte ma
ho verificato che questa esca riesce a vivere in vasca
del vivo per circa 5 minuti.
La
boga, il sugarello e l'occhiata non hanno alcun
problema nel mantenersi vivi.
L'innesco
ed i finali
L'innesco
è una delle tecniche più difficili. Quante
volte ci si trova in pesca in due o tre barche
e si vede una delle imbarcazioni avere allamate
mentre le altre no. In un primo momento si
pensa alla fortuna, ma così non è. Nascondere
bene l'amo e non danneggiare molto l'esca
rappresenta già un buon punto di partenza
per la nostra battuta di caccia.
Il
finale dovrà avere una lunghezza di una
diecina di metri. Naturalmente quanto espongo
è molto personale per cui non mi trovo molto
daccordo con chi preferisce fare i finali
brevi. Daltronde le catture parlano chiaro.
Il
finale deve necessariamente essere lungo
per evitare che la girellina posta tra
esso ed il trave possa essere vista dalla
ricciola. Il pesce è molto sospettoso.
La girella dovrà essere una 50/70 libbre
e vi consiglio di usare solo ed esclusivamente
le sampo. Il nodo di legatura sarebbe
meglio se venisse realizzato con una piccola
protezione (passare il filo di nylon in
un pezzetto di dacron e alla fine del
nodo incollare con attack).
Il
trave, a scanso di rischi, dovrà essere
dello 0,50. Anche se tale filo rimane
comunque distante dal finale, consiglio
di usare o nylon trasparente o verde/azzurro
a secondo del colore del fondo del mare
prevalente nella zona in cui si pesca.
Altra
breve premessa prima di discutere
dei finali.
E'
molto importante ricordare che il
numero delle catture è strettamente
collegato al finale usato. Quanto
più grosso è il nostro finale, quanto
più sarà visibile dal pesce e meno
allamate avremo. Più sottile sarà
il finale, maggiori le allamate
e maggiori anche i rischi di rotture.
Per
la traina alla ricciola io uso
uno 0,50 doppia forza trasparente
(a volte ho anche usato il multicolor)
dell' ASSO, che si è rivelato
un filo tenace e morbido all'amo.
La tenuta al nodo è ottima ed
il carico di rottura rispecchia
quanto segnalato dalla casa madre.
I nostri finali avranno ad un
capo un moschettone (ottimi quelli
della mustad del n.4 o del n.5
bruniti) e dall'altro i due
ami.
Gli
ami dovranno essere piccoli,
resistenti, leggeri e curati:
piccoli
intendo che non debbono avere
una curva molto ampia in quanto
altrimenti fanno sull'esca
l'effetto deriva, deviandone
il nuoto e l'equilibrio;
resistenti
perchè dovranno sostenere
anche pesci sino a 40 chili
o più; leggeri perchè dovranno
essere realizzati in leghe
leggere in quanto
resistenti e con un peso
assoluto basso. Le leghe
leggere inoltre consentono
di saldare l'anello
dell'amo, particolare
molto importante in quanto
il filo potrebbe, usando
un amo diverso, andare ad
urtare la parte di anello
distaccata dal gambo procurando
inaspettate rotture.
Ottimi i Vmc del n.3/0, 4/0 e 5/0;
curati
perchè dovranno avere una punta affilatissima e l'ardiglione pronunciato.
Il filo dell'amo dovrà essere molto arrotondato da non procurare
ferite nella bocca del pesce e le saldature del gambo e l'anello
fatte a dovere.
Sul
capo estremo del finale monteremo un amo ad occhiello del 4/0 con
un nodo scorsoio realizzato con il tubicino (Vi rimando alla sezione
nodi per la corretta realizzazione). A circa una quindicina di centimetri
assesteremo un amo più piccolo che si chiamerà trainante (perchè
traina il pesce) e sarà legato al trave con un piccolo spezzone
di nylon con un nodo a scorrere. Dovremo, infatti, regolare la distanza
tra i due ami a seconda della grandezza della nostra esca. Prima
dei due ami, sul trave, uso inserite un piccolo tubicino (nell'ordine
di mezzo centimetro) e di una sezione tale da poter contenere all'interno
il rostro dell'aguglia. Innescata l'aguglia bloccheremo
il suo rostro sul trave con il tubicino.
Prima
di procedere all'innesco dobbiamo avere le mani bagnate, maneggiare
con cura l'aguglia, evitando di stringerla e soprattutto evitando
di farle perdere le sue squame e la polverina azzurra che la ricopre.
Vi sembrerà strano ma quante più squame perde quanto meno vitalità
avrà in acqua. Si procede quindi ad innescare l'esca con l'amo
trainante facendolo passare nel rostro, dal basso verso l'alto.
Poi procederemo ad inserire il secondo amo. Qui le tecniche sono
due: alcuni preferiscono passare l'amo "pescante"
sotto pelle, nel tratto tra il foro anale e la coda. Ho però verificato
che i "pesi" dell'amo non sono ben distribuiti per
cui il pesce naviga leggermente sbandato. Io uso, invece, far
passare la punta dell'amo proprio nel foro anale, verso la
coda, facendo attenzione a non "toccare" le interiora
del pesce. Vi assicuro che pur "pungendo" il pesce,
dopo alcune ore di traina sarà perfettamente vitale e se la battuta
non sarà andata a buon fine, potrete dare anche la libertà all'esca.
Una volta fissato anche il secondo amo regoleremo la trazione
del filo tra i due ami facendo sì che il nylon passi morbido vicino
al pesce senza strane trazioni o senza essere in bando.
(
continua
)
Le
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il cavo -
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