Relitti d'Italia: come e dove pescare

 

Una nave o un aereo affondati sono rifugio sicuro di una impressionante varietà di pesci. Nei mari circostanti il territorio Italiano ve ne sono una infinità, soprattutto laddove, in epoca remota, si sono svolte grosse battaglie navali ed aree. Iniziamo, quindi, una serie di articoli che ci porteranno a scoprire i relitti d'Italia e soprattutto come e quale tecnica usare per ottenere maggiori risultati.
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Dando uno sguardo sulle carte nautiche si scorgono una infinità di relitti, molti dei quali in profondità elevate e ottimi quindi, per la pesca a bolentino di fondo. Ma i relitti maggiormente produttivi per il pescatore sportivo medio sono quelli sino alle batimetriche dei 50 metri. Qui proliferano saraghi, tanute, pagelli, dentici, sugarelli, gallinelle, scorfani di fondale, gronghi, cernie, ricciole, pesci serra, mostelle, saraghi. I predatori come pesci serra, spigole, ricciole, nuotano nelle zone alte del relitto, per cacciare in acque libere, mentre altre come i dentici, le cernie, i gronghi, preparano gli attacchi nascosti tra le lamiere.
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Identificato il relitto sulla carta nautica, inizia la ricerca, aiutandoci con ecoscandaglio e gps. I problemi inizialmente sono dati dal fatto che le coordinate geografiche non corrispondono con quelle riportate sul GPS. I dati infatti, hanno un piccolo errore, dai 10 sino a 30 metri di spostamento che ci faranno perdere non poco del nostro prezioso tempo. Ma una volta identificato e memorizzato, sarà facilmente identificabile per le uscite di pesca successive. Fatta una prima ricognizione sul relitti bisogna comprendere come è disposto e soprattutto, dalle marcature dello scandaglio, quale la zona ove è presente maggior minutaglia. La presenza di molti piccoli pesci vuol dire anche una zona con molto ricambio di ossigeno e di plancton e quindi sicura meta di predatori. Ulteriore aiuto sono le mire a terra, se abbiamo qualche amico pescatore munito di buone intenzioni nei nostri riguardi. Ulteriore aiuto dai sub: loro sanno meglio di chiunque altro quale è la situazione nel profondo del blu. Le loro indicazioni valgono un tesoro.
un predatore nei pressi di un relitto
In Italia, purtroppo, ci sono serie difficoltà nel liberare in mare i relitti di navi, carri armati, aerei in disarmo. Tale ottima ed utile abitudine, invece, vige sia in Inghilterra che negli Stati Uniti dove le carcasse, una volta ripulite degli agenti inquinanti, vengono affondate in mare. Si sviluppano, quindi, grosse barriere che producono habitat per tutte le specie marine e dissuadono i pescherecci dal dannosissimo strascico.
Nei pressi di questi relitti molte specie trovano ricovero
I relitti presenti nel sottocosta risentono molto delle correnti e delle escursioni di marea, molto di più dei relitti presenti a grandi profondità. Molta influenza, inoltre, hanno le fasi lunari. Di notte con Luna piena è ottimo per il bolentino mentre con la luna a ponente crescente va bene anche di giorno.
Pesca di notte: si giunge nella zona di pesca all'imbrunire e dopo aver fatto un sopralluogo sul relitto si stabilisce la zona di ancoraggio. Necessario un ancorotto in ferro con le marre sottili in modo da poterlo recuperare una volta finita l'azione di pesca. Si verifica, quindi, la corrente presente sulla zona e ci si pone sopracorrente rispetto al relitto. Filata in mare l'ancora con circa due/tre metri di catena si aspetta che la corrente porti l'imbarcazione nella direzione del relitto. Una volta che l'ancora ha avuto la sua presa, allora si inizia la fase di pesca. Di volta in volta proveremo a recuperare qualche metro di cima sino a quando non ci troveremo nella situazione ottimale. Pasturazione: Nel bolentino notturno sui relitti la pasturazione non è necessaria. Il pesce, anche se momentaneamente è in altra zona del relitto, prima o poi si porterà nei pressi nella nostra barca. Sicuramente la pasturazione aumenta la frenesia alimentare dei pesci e ne stabilisce, comunque, un contatto più rapido. Esistono diversi tipi di pasturatori: a lame, o fissi, come si vede nelle foto in basso.

Due tipi diversi di pasturatori

Le esche: l'esca regina è la sardina fresca tagliata a tocchetti di circa 1 cm., anche se bibi vivo, americano o muriddu sono ottime. Di notte, inoltre, è possibile usare queste esche costose in quanto le specie che di giorno assalgono le nostre esche (sciarrani, viole ecc.) non sono in attività. Al massimo rischieremo di catturare qualche boga o qualche sugarello.
Il bolentino: pescando ancorati si potranno calare lenze diverse. Se disponiamo di una buona 30 lb, potremo collegare alla lenza madre un finale di circa 2 mt. con dell'ottimo 50 lb. ed un amo del 5/0 con una sardina intera. Sarà collocato nei pressi del fondo, e porremo come galleggiante un palloncino. La frizione sarà regolata al 50% del carico di rottura: motivo questo che ci fa capire che in caso di allamata il pesce (dentice o cernia) non dovrà avere il tempo e lo spazio per potersi rintanare nel relitto. Pena la perdita del finale e del pesce. Sistemata questa canna con il galleggiante a circa 5 metri dalla nostra barca, potremo iniziare la nostra pesca a bolentino con canne intorno ai 3 o 4 metri, con una buona azione di punta e grammatura tra i 40 ed i 150 grammi. Il mulinello, a bobina rotante, dovrà avere una buon rapporto di recupero ed una frizione potente e graduale. Consiglio il Mitchell Pro 7500, che con la sua tenuta stagna, la bobina larga e l'ottimo rapporto di recupero, rassicura anche in caso di una cattura di "peso". Frizione tarata alla perfezione, piombo intorno ai 100 gr.(varia a seconda della corrente), finale di Fluorocarbon di circa 2 mt, con braccioli (tre) collegati al letto per mezzo di microsfere a 4 fori (tipo Stonfo o Olimpus o Tubertini). I braccioli saranno di circa 35 cm dell0 0,25, fluorocarbon con ami a gambo lungo ed affilatissimi (tipo gamakatsu o tubertini).
una serie di ami per il bolentino
Ma non finisce qui: nel prossimo articolo riprenderemo il discorso entrando nel profondo delle tecniche e del fascino di questo stupendo modo che è quello dei relitti custoditi nel profondo del nostro mare.
Massimo Rotondaro
Soverato, li 16 gennaio 2002
 
 

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